Le Alpi slovene sono da sempre luoghi alquanto remoti e impervi. Fin dall’antichità l'alone di mistero che le circonda ha prodotto una vasta tradizione mitologica ed ha fatto nascere numerosi racconti di favolosi tesori nascosti sulle loro vette. Tra le leggende locali quella dell’Auricorno o Zlatorog, il camoscio bianco dalle corna d’oro, è la più importante. La leggenda, diffusamente conosciuta in Slovenia (in particolar modo nella regione della Carinzia Slovena), come anche nella Carinzia Austriaca e nell'Italiana Friuli-Venezia Giulia, si è mantenuta viva nella tradizione orale fino ad un’epoca relativamente recente; nella seconda metá dell’Ottocento, essa venne raccolta da Karel Dežman (1821―1899), che la pubblicó sulla Laibacher Zeitung di Lubiana nel febbraio del 1868. Si narra di un bianco camoscio dai corni d'oro, lo Zlatorog (zlati rog letteralmente significa, "Corna d'oro"), che all'alba dei tempi viveva in un giardino posto sulle alte balze del monte Triglav, nelle Alpi Giulie.
La Moglie Di Paddy Corcoran
Per diversi anni la moglie di Paddy Corcoran soffri' di un genere di disturbo che nessuno riusciva del tutto a comprendere. Era ammalata e non era ammalata; stava bene e non stava bene; desiderava quello che desiderano le dame che amano il loro signore e non desiderava cio' che queste dame desiderano. Insomma nessuno sapeva dire cosa avesse. C'era qualcosa che le rodeva il cuore e che rendeva la vita difficile a suo marito; perchè, Dio ci salvi, se fosse stata fame quella cosa che la rodeva, non si sarebbe mai riusciti a saziarla neppure in un giorno d'estate. La povera donna era delicata oltre ogni dire, e non aveva assolutamente appetito, non ne aveva affatto, salvo essere un po' attirata da una cotoletta di montone, o da una bistecca, o comunque da un boccone di carne.
Gli Jólasveinar islandesi
Gli Jólasveinar o Yule Lads (“I ragazzi/gli amici del Natale”; sing. jólasveinn, composto di jól = “Natale” e veinn = “amico”, “ragazzo”) sono dei personaggi fantastici del folklore natalizio islandese. Si tratta di 13 fratelli (secondo altre versioni, 9), figli di Grýla e Leppalúði, due troll giganti che vivevano sui monti vicini al lago Mývatn, nei pressi di Ludentsborgi, e che avevano la triste fama di mangiare i bambini che si comportavano male durante l'anno. A differenza dei loro sanguinari genitori, gli Jólasveinar avevano abitudini più tranquille, passando il loro tempo principalmente a organizzare scherzi a scapito degli abitanti del villaggio e rubando il loro cibo, ogni volta che potevano.
Nomi e comportamenti degli Jólasveinar
Gli Islandesi amano dire che da loro ci sono ben 13 Babbo Natale perché la loro tradizione di doni a Natale è basata su 13 folletti, chiamati Jólasveinar. Si tratta di 13 creature (ma il numero non è sempre stato questo) simili a dei folletti o a dei piccoli orchi e vestiti con abiti da contadini, che, a partire dal 12 dicembre (vigilia di Santa Lucia) e fino al 24 dicembre, scendono uno alla volta (il primo è Stekkjastaur, l’ultimo è Kertasníkir) dalle montagne in paese, per combinare scherzi alla popolazione e per poi ripartire – sempre ad uno ad uno –, tra il 25 dicembre (Natale) e il 6 gennaio (Epifania). Ciascuno di questi folletti ha un suo nome, legato di solito al tipo di attività o di cibo che predilige. Analizziamo dunque nomi e caratteristiche degli Jólasveinar.
La Leggenda di Aretusa
"Sicanio praetenta sinu iacet insula contra Plemyrium undosum; nomen dixere priores Ortygiam. Alpheum fama est huc Elidis amnem occultas egisse vias subter mare, qui nunc ore, Arethusa, tuo Siculis confunditur undis" (trad. "Di fronte al golfo Sicanio giace, stesa davanti, un’isola contro l’ondoso Plemurio; gli antichi diedero il nome di Ortigia. E’ fama che Alfeo, fiume dell’Elide, avesse qui rese occulte le vie sotto il mare, egli ora, Aretusa, sulla tua bocca si unisce alle onde sicule") - (Eneide,Libro 3, vv. 692-718, Virgilio). La sorgente Aretusa (foto) sgorga a qualche metro dal mare, nell’isola di Ortigia a Siracusa. Essa forma un piccolo laghetto semicircolare pieno di pesci, dove il verde trionfa e cresce rigogliosa la pianta del papiro. Una numerosa colonia di anatre ha ormai da tempo stabilito la sua dimora in queste limpide acque, tanto che per tradizione locale viene chiamata anche “a funtana re papiri" (la fontana delle papere). E’ famoso a Siracusa il passeggiare, specie al tramonto, lungo la Fonte Aretusa e vedere il sole scendere all’orizzonte dietro i Monti Iblei.
Easter Bunny - Il Coniglio Pasquale
Oggi parleremo di una leggenda riguardante....Un Elfo! - direte voi...E invece no. La leggenda che voglio esporvi riguarda infatti un coniglio...il celebre "Easter Bunny"! L'origine di questo simbolo pasquale è da ricercarsi nei riti pre-cristiani sulla fertilità che vedevano nel coniglio e nella lepre, in quanto animali molto fertili, i simboli del rinnovamento della vita, che coincideva con l’inizio della stagione primaverile. Nei paesi anglosassoni l’antica divinità pagana generalmente collegata a vari aspetti del rinnovarsi della vita, quali la primavera e la fertilità, era Eostre. Dal nome della dea si fa risalire anche il termine usato per definire l'equinozio di Primavera, chiamato dai popoli celti prima "Eostur-Monath" e successivamente "Ostara", e il termine "Oster", cioè pasqua in tedesco, come anche l'anglosassone "Easter", che indica sia la pasqua che la primavera.
La Leggenda della Mimosa
Esistono diverse leggende su questo bellissimo fiore. Questa è una delle più note. C'era una volta, in un paese lontano ed in un tempo remoto, un popolo forte e coraggioso la cui caratteristica peculiare era il colore dei capelli. Esso, a differenza di quello degli abitanti delle altre isole vicine, era del colore del sole. Specialmente le donne, forti e bellissime, erano orgogliose di quelle nuvole d’oro che pettinavano per lungo tempo durante il giorno, inventando elaborate acconciature con trecce e nastri. Le donne, come già detto, erano bellissime, e molto ambite..Tanto che un giorno Mhim, figlia del capo villaggio, venne rapita dai membri di una tribu' nemica, insieme ad altre ragazze, mentre gli uomini del villaggio erano in mare per la pesca. Il fitto dedalo di scogli dell'arcipelago e l'ostilità dei luoghi, fornivano ai rapitori un nascondiglio perfetto.
Pandafeche
Già nell’antica Roma, ed in seguito anche nel Medioevo, si parlava dei demoni "Incubi" (o Inui) e della loro capacità di tormentare le notti degli umani con tanto di furto di respiro a bambini ed anziani. In effetti ‘Incubo’ deriva dal latino ‘incubare’, cioè ‘giacere sopra’: i romani credevano nell’esistenza degli incubi, personificazioni di sogni angosciosi che ritenevano provocati da un vero e proprio contatto, anche sessuale, con un essere demoniaco. Girando in lungo e in largo per il nostro paese scopriamo che queste “entità” sono ben conosciute; cambiano nome, cambiano aspetto, ma il loro modo di operare rimane lo stesso. Come esempio possiamo citare la Pandafeche, figura molto diffusa nella tradizione culturale abruzzese.
Il Fauno
Il Fauno è una figura della mitologia romana, una divinità della natura, in particolare della campagna e dei boschi. Ha un aspetto umano, ma con i piedi di capra e con le corna sulla fronte. Esistono diverse versioni circa la sua discendenza; secondo una delle più consolidate sarebbe figlio della Dea Vergine Fauna, da lei partorito senza concorso del maschio, accoppiandosi poi da adulto con la madre, per guidare il mondo della natura e soprattutto degli animali. Il dio Fauno era anche chiamato Luperco, in qualità di difensore delle greggi dagli assalti dei lupi e lupo egli stesso(Lupercus = lupus + hircus). Fauno parlava profeticamente attraverso lo stormire del vento nelle fronde, o il bisbiglio delle foglie nel bosco, e per questo era soprannominato Fatuus.
Il Puck
Puck è uno spirito ingannatore della tradizione Inglese pagana, conosciuto anche come Robin Goodfellow e come Hobgoblin (in Galles simili spiritelli erano definiti Pwca). Il termine Puck deriva dall’Inglese antico Púca che indicava, appunto, uno spirito dei boschi, dall’aspetto mutevole ed ingannatore, che attirava le persone di notte nella foresta con luci e suoni incantatori (similmente alle celtiche Dame Bianche) o rubava il latte dai mastelli nelle fattorie. Il Puck si può anche trasformare in cavallo e portare gli incauti nel profondo delle foreste oppure farli cadere in acqua. In genere il nome porta al significato di "diavolo", "demone", o "spirito maligno". A Puck viene anche associato Hobgoblin, uno spirito dei boschi che scherza con i viandanti (li aiuta o fa loro sbagliare strada).
Le Janas
Sono descritte come piccolissime fate, alte poco piu' o poco meno di un palmo, che vivono sui fianchi delle colline sarde, dentro piccole grotte scavate nella roccia, le domus de janas, molto diffuse in tutta la Sardegna. Qualcuno le chiama fate, qualcuno streghe, ma sono entrambe le cose, dipende solo da noi: se le capiamo sono fate, se le cacciamo diventano streghe. Le janas vestono di rosso vivo, hanno il capo coperto da un variopinto fazzoletto ricamato con fili d'oro e d'argento, e portano pesanti collane d'oro lavorato. Dicono che siano molto belle e che il loro corpo sia evanescente, luminoso, a volte tanto luminoso da abbagliare. Chi le ha viste da vicino giura che la loro pelle è delicatissima e che hanno lunghissime unghie capaci di scavare la roccia.
L'Elfo dei mulini
L' habitat naturale del Killmoulis (o elfo dei mulini) sono i vecchi mulini delle Lowlands, in Scozia. Fin dall'antichita’, il mulino ha rivestito un ruolo di fondamentale importanza nelle comunita’ agricole. Percio’ il mugnaio e’ sempre stato connotato come un personaggio particolare, quasi un mago. Cosi’ sono sorte, attorno al mulino, numerose storie e leggende, tramandate di padre in figlio fino ai giorni nostri. Ed è in questo contesto che rientra indubbiamente la figura del Killmoulis. Secondo il folklore britannico infatti ogni mulino è abitato da una di queste creature, che si dedicano al benessere delle famiglie che servono, ed alle quali si affezionano talmente tanto da arrivare ad avvertirle, facendo udire i loro lamenti, qualora la casa stesse per venire colpita da malattia o disgrazia. Le loro dimore si trovano vicino al focolare o al "killogee"
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