Le Alpi slovene sono da sempre luoghi alquanto remoti e impervi. Fin dall’antichità l'alone di mistero che le circonda ha prodotto una vasta tradizione mitologica ed ha fatto nascere numerosi racconti di favolosi tesori nascosti sulle loro vette. Tra le leggende locali quella dell’Auricorno o Zlatorog, il camoscio bianco dalle corna d’oro, è la più importante. La leggenda, diffusamente conosciuta in Slovenia (in particolar modo nella regione della Carinzia Slovena), come anche nella Carinzia Austriaca e nell'Italiana Friuli-Venezia Giulia, si è mantenuta viva nella tradizione orale fino ad un’epoca relativamente recente; nella seconda metá dell’Ottocento, essa venne raccolta da Karel Dežman (1821―1899), che la pubblicó sulla Laibacher Zeitung di Lubiana nel febbraio del 1868. Si narra di un bianco camoscio dai corni d'oro, lo Zlatorog (zlati rog letteralmente significa, "Corna d'oro"), che all'alba dei tempi viveva in un giardino posto sulle alte balze del monte Triglav, nelle Alpi Giulie.
Il nome del monte deriverebbe dalla sua forma a tre punte (Triglav significa "tre teste") visibile dalla valle di Bohinj. Colá c’era un tempo un paradiso alpino, che si estendeva dalla valle dei laghetti (Jezerca) fino al roccioso altopiano chiamato Komna. Qui' vivevano le Rojenice, le Dame Bianche, fate dal cuore generoso che aiutavano i poveri nei momenti difficili, assistevano le puerpere, facevano crescere sul deserto di pietra l’erba per le capre e spiegavano ai pastori i misteri delle piante medicinali. Queste creature non volevano essere ringraziate ma se qualcuno aveva l’ardire di avvicinarsi troppo a loro, veniva malamente cacciato a sassate, fra improvvisi nubifragi e temporali. Erano poi protette dalle loro capre bianche che pascolavano lungo i dossi che precipitavano nella valle dell’Isonzo. Queste placide bestie, appena qualcuno s’avvicinava diventavano feroci, staccavano macigni che facevano rotolare a valle con grande fragore. Il loro capobranco era appunto lo Zlatorog, una bestia magnifica, robusta, dal mantello candido e dalle corna d’oro. L'animale era protetto da un incantesimo delle Dame Bianche che lo rendeva invulnerabile, in forza del quale, se anche l'animale fosse stato ferito mortalmente, da ogni goccia del suo sangue caduta a terra sarebbe germogliata una pianta, la rosa del Tricorno, che lo avrebbe guarito all’istante. Anche le sue corna d’oro avevano un magico potere: come se fossero una chiave, aprivano le porte della grotta che custodiva il tesoro del monte Bogatin, dove era sepolta un’incalcolabile ricchezza, vigilata da un drago con tante teste fiammeggianti; un tesoro che neanche 700 carri sarebbero bastati a portare via! L'avidità e l'ingratitudine umana però trasformarono quel paradiso alpino in un desolato paesaggio roccioso. Tutto ebbe inizio da una tragica storia d'amore consumatasi tra due giovani del luogo. Dove i fiumi Isonzo e Koritnica si fondono, sulla strada per Tarvisio, sorgeva tempo fa una locanda. La figlia del locandiere era una ragazza di rara bellezza ed aveva molti pretendenti, ma amava un cacciatore di Trenta, figlio di una vedova cieca. Questo giovane era conosciuto in lungo e in largo per essere il migliore cacciatore della zona, e si diceva che fosse sotto la protezione delle Dame Bianche, le quali sarebbero state presenti accanto alla sua culla al momento della nascita. Il giovane cacciatore conosceva tutti i percorsi delle montagne ed era solito omaggiare la bella figlia del locandiere con bellissimi fiori appena colti. Ma un giorno, sul finir dell'inverno, un gruppo di mercanti veneziani diretti a nord si fermo' nella locanda. Tra questi, un giovane ricco italiano notò la bella figlia del locandiere e le offrì sete preziose, oro e gioielli. La ragazza cedette alle offerte del ricco commerciante, tanto che, a un ballo organizzato dallo stesso, si rifiutò di ballare col fidanzato. Questi, affranto dalla rabbia e dal dolore, ascoltò i consigli di un losco individuo, il “Cacciatore Verde” (probabilmente una personificazione del Maligno), che gli suggerì di andare a uccidere lo Zlatorog per potersi impadronire delle ricchezze del Bogatin e riconquistare la sua donna. Fu così che quella stessa notte il giovane salì sull’impervia montagna. Il mattino seguente egli stanò il camoscio bianco, lo rincorse e riusci' a colpirlo con una pallottola; i due cacciatori seguirono l'animale ferito lungo uno stretto sentiero, che si concludeva in una roccia a strapiombo. Il Cacciatore Verde intimò al giovane di uccidere l'animale prima che questi potesse mangiare i fiori sorti dal suo sangue. Tra questi il cacciatore di Trenta scorse delle splendide stelle alpine, che egli era solito usare per medicare gli occhi della madre cieca. Il ricordo della povera madre stava per far desistere il giovane cacciatore dal suo intento, quando il crudele Cacciatore Verde cominciò a beffarsi di lui con parole di scherno, convincendo infine il giovane a continuare a seguire la traccia di sangue. Nel frattempo l'animale aveva avuto tutto il tempo di ingerire le magiche rose del Triglav (Roža mogota,il Fiore di tutti i poteri). Immediatamente lo Zlatorog riacquisto' la sua forza e, infuriato, si lanció contro i suoi persecutori: il giovane, abbagliato dal prodigioso luccichio delle corna dorate, perse l’equilibrio e precipitó nell’abisso smisurato; il suo corpo, con un mazzetto di rose del Triglav, fu restituito dal fiume Isonzo alla ragazza ormai pentita, la quale, disperata, sciolse le trecce e si gettò nella gelida corrente. Quando in estate i pastori tornarono nei pressi dell’alta valle, trovarono un desolato paesaggio roccioso. L'Auricorno, nel pieno della sua collera, aveva completamente distrutto e sepolto i prati, e oggi è ancora possibile vedere le tracce delle sue corna sulle rocce. Anche le Dame Bianche e le loro bellissime capre lasciarono per sempre quei luoghi, deluse dal comportamento ingrato degli uomini. Il favoloso tesoro della montagna venne nascosto dallo Zlatorog tra sommità poste altrove, lontano dalla cupidigia umana. A ricordo del favoloso camoscio rimangono tutt'oggi i fiori rossi della Potentilla Nitida o Rosa del Triglav, che d'estate macchiano come sangue i monti circostanti.
Questo mito simboleggia l’eterna lotta tra il bene ed il male; l’Auricorno é il messaggero della Luce (per il suo colore bianco) e del Sole (per le corna dorate); esso punisce l’uomo, che ha osato violare l’integritá della Natura e, con essa, la legge divina. Come questa, anche tutte le leggende fiorite attorno al Triglav sembrano voler insegnare a relazionarsi alla montagna con infinita pazienza e rispetto: solo con tali doti si potrà sperare di scoprirne le bellezze ed i misteri più reconditi.
Immagine:
"Die Zlatorog-Gams", olio su tela, 1923 Karl Huck (1876-1925). Museo alpino di Innsbruck.
Fonti:
1) J. Kelemina, Bajke in pripovedke Slovenskega ljudstva, (Humar 1997);
2) "La Leggenda di Zlatorog" (dal blog del prof Pascolini Giovanni);
3) "Il camoscio dalle corna d’oro" di Mario Schiavato.
1 commento:
Ciao Alex , sono contenta che ti ho trovato di nuovo sempre nel web con i tuoi Elfi . Ti auguro un Felice Anno Nuovo 2017 . Elly
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